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Matassa

Italian, News media, 1 season, 16 episodes, 4 hours, 7 minutes
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Matassa è il nuovo podcast di the Submarine che vuole raccontare quello che succede nei paesi e nei luoghi che la stampa mainstream italiana prende in considerazione soprattutto quando c’è da mettere in guardia sull’ennesima presunta invasione di migranti o profughi. Non è semplice avere un'idea chiara di quello che succede intorno a noi: soprattutto di questa parte del mondo — che guardiamo da lontano, superficialmente e con l’occhio della narrazione occidentale. Matassa intende raccontarla con più chiarezza, con la consapevolezza che le classi ricche dell’Occidente non sono il centro dell’universo. Leila Belhadj Mohamed è laureata in relazioni internazionali ed è un’ attivista transfemminista esperta di geopolitica e diritti umani. Ha lavorato per anni nella comunicazione per il sociale e scrive di geopolitica del Medio Oriente e del continente africano. The Submarine è una testata online che fa base a Milano, che si occupa di giustizia sociale, lotta alle disuguaglianze e cultura pop.
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015: Guantánamo: vent’anni di cancellazione dei diritti

Nell’indifferenza generale della politica statunitense e internazionale — con poche eccezioni — oggi si celebrano i 20 anni dall’arrivo dei primi detenuti afgani nel famigerato carcere dove le torture e i soprusi erano, e restano, la quotidianità   L’11 gennaio 2002 arrivano a Guantánamo i primi venti detenuti afgani. Oggi, l’anniversario dei vent’anni di apertura del centro di detenzione di Guantánamo sta passando in sordina. Nonostante nell’opinione pubblica sembri uno scandalo relegato al passato, nel centro sono rinchiusi ancora 39 “nemici combattenti” — ovvero prigionieri di guerra. L’amministrazione Biden sta valutando di costruire nella baia una seconda aula di tribunale militare, per snellire le procedure e poter condurre più di un processo parallelamente.   Guantánamo è stata aperta l’11 gennaio 2002, sulla scia della politica intrusiva di Bush con perno nel Patriot Act dopo l’attacco alle Torri Gemelle. La legge federale rinforzava i corpi di polizia e di spionaggio, intaccava il diritto alla privacy e permetteva arresti senza base giuridica. Negli anni sono state molte le indagini e le rivelazioni che ci hanno permesso di capire cosa stesse succedendo all’interno della struttura — da una prima, fondamentale, inchiesta di Amnesty International passando per la pubblicazione di documenti segretati da parte di WikiLeaks. Negli anni, il centro di detenzione è diventato così sede di una perpetua violazione dei diritti, che continua ancora oggi: infatti, a differenza del caso di Abu Ghraib, dove la prigione è stata chiusa, anche se non si è fatta giustizia, finora nessuno dei due partiti di governo statunitensi sembrano essere intenzionati a mettere fine agli abusi.   Show notes   Timeline: 20 years of Guantanamo Bay prison | Human Rights News | Al Jazeera Guantánamo entra nel ventesimo anno: violazioni dei diritti umani ancora in corso   - Amnesty International Italia Deputati tedeschi a Biden: "Chiudere il campo di Guantanamo" Abu Ghraib: 5 milioni di dollari agli ex prigionieri | Globalist Guantanamo, a 20 anni dall’apertura rimane imprigionato nelle promesse Usa, per la prima volta detenuto Guantanamo descrive torture Cia - Mondo - ANSA Guantanamo: An enduring symbol of the savagery unleashed upon innocent Muslims | Middle East Eye Guantánamo Is an Unresolved Vestige of America’s Occupation of Afghanistan Guantánamo 20 anni dopo Sostieni l’informazione indipendente di the Submarine: abbonati a Hello, World! La prima settimana è gratis   In copertina, foto Shane T. McCoy, marina statunitense. Via Wikimedia Commons
1/11/202228 minutes, 30 seconds
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014: Un accordo a prova di bomba?

Siamo all’ottavo round di trattativa per far rientrare gli Stati Uniti negli accordi per il nucleare iraniano — ma per ora la situazione resta bloccata, con Washington e Teheran che dovranno prendere difficili decisioni politiche per siglare un nuovo accordo   La scorsa settimana si è aperta l’ottava sessione della trattativa di Vienna per far rientrare gli Stati Uniti negli accordi per il nucleare iraniano: come sempre continuano a non esserci incontri diretti tra Iran e Stati Uniti, costringendo gli altri stati membri del Piano a coordinarsi in una serie di bilaterali e trilaterali. Questa volta c’era da sciogliere un nodo specifico: come verificare l’eliminazione delle sanzioni statunitensi, nel caso si arrivasse ad un accordo. L’atmosfera, dopo i progressi dello scorso meeting, è rimasta costruttiva, ma per arrivare a un punto di svolta, secondo il coordinatore europeo Enrique Mora, “sia Teheran che Washington dovranno prendere decisioni politiche difficili.”    Questa settimana, invece, è il secondo anniversario dell’uccisione Qassem Soleimani da parte degli Stati Uniti. Nel gennaio 2020, Trump aveva ordinato un attacco drone all’aeroporto internazionale di Baghdad, che ha colpito un convoglio con a bordo diversi ufficiali di milizie irachene, ma anche Qassem Suleimani, il maggior generale comandante della Forza Quds, l’unità responsabile delle operazioni all’estero delle Guardie rivoluzionarie iraniane. Soleimani è stato responsabile della quasi totalità delle operazioni militari e di intelligence iraniane negli ultimi vent’anni. La sua uccisione aveva portato le tensioni tra Teheran e Washington a un livello senza precedenti.    Ora, tra una presidenza Biden che ha saputo realizzare poco e niente in ambito diplomatico, a parte la catastrofica uscita dall’Afghanistan, e un Iran ora sotto la guida di Ebrahim Raisi, un accordo per ricucire lo strappo sembra ancora difficile — mentre Israele usa lo stallo tra i due paesi per difendere i propri interessi.   Show notes   Iran nuclear deal: eighth round of talks begins in Vienna | Iran | The Guardian The Historic Deal that Will Prevent Iran from Acquiring a Nuclear Weapon | The White House Chi era Qassem Soleimani, il più potente generale iraniano ucciso dagli USA | Euronews Iran: Israele ha ucciso il capo dell'energia nucleare Mohsen Fakhrizadeh | il manifesto "Sapevano tutto di lui, anche che dopobarba usava": così Israele ha ucciso il capo del programma nucleare iraniano - la Repubblica Ripresi a Vienna i negoziati sul nucleare iraniano. Israele: pronti ad azioni contro Teheran anche da soli Israele: "L'esercito si prepari ad attaccare l'Iran". L'incubo è l'arma atomica - Esteri Sta diventando sempre più difficile tornare all'accordo sul nucleare iraniano - Il Post L'accordo sul nucleare iraniano, spiegato - Il Post Israel signs $3bn deal for US helicopters, refuelling planes | Middle East Eye Iran wants a sustainable nuclear deal. Only the lifting of US sanctions can achieve this | Middle East Eye   Sostieni l’informazione indipendente di the Submarine: abbonati a Hello, World! La prima settimana è gratis   In copertina: il comitato che negozia il nuovo accordo durante una riunione a Vienna lo scorso dicembre. Foto via Twitter  
1/4/202224 minutes, 30 seconds
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013: Il razzismo europeo contro il calcio africano

Il calcio internazionale adotta due pesi e due misure con le federazioni più ricche e quelle più povere — mentre a nessuno sembra interessare la morte di migliaia di operai nella costruzione degli stadi in Qatar   Si è conclusa da poco la prima edizione della Fifa Arab Cup, una competizione organizzata fin dal 1963 dalla Uafa — la Union of Arab Football Associations, l’associazione delle federazioni calcistiche dei paesi arabi — che è ancora oggi un importante momento di condivisione e confronto politico e culturale. La competizione è stata vinta dall’Algeria in finale contro la Tunisia, e la finale è stata sostanzialmente una grande festa, con i vincitori che hanno dedicato la coppa al popolo palestinese.   Come molte altre manifestazioni calcistiche di alto livello, però, ci sono diverse criticità soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione: la competizione si è tenuta in Qatar ed è stata sostanzialmente una prova generale per i mondiali del 2022. Anche in questo caso quindi si è giocato in stadi costruiti sul sangue degli operai morti per realizzarli: secondo le ultime stime ben 6.500 persone, impiegate in condizione di semi-schiavitù, sarebbero morte partecipando alla costruzione delle strutture. Sarebbe opportuno pensare a un boicottaggio, ma i timidi tentativi in tal senso sono stati subito bloccati dalle federazioni nazionali, timorose di compromettere la riuscita di un ricco evento come i Campionati del mondo.   Per i prossimi mondiali, inoltre, la Fifa sta pensando a un’espansione disuguale dei paesi coinvolti, che consentirebbe la partecipazione di un numero di club europei sempre più ampio — mentre molte altre federazioni meno ricche e potenti della Uefa continuano a essere sottorappresentate. Nel frattempo, se siete fan del calcio, potete consolarvi seguendo la coppa d’Africa che partirà nel weekend del 9 gennaio. Nelle ultime settimane diversi esponenti del calcio italiano ed europeo si sono lasciati andare a lamentele dal retrogusto razzista sul fatto che la competizione privi i preziosi club europei dei propri calciatori per una coppa vista come inutile, a differenza di quelle a cui partecipano i paesi della Uefa.   Sostieni l’informazione indipendente di the Submarine: abbonati a Hello, World! La prima settimana è gratis   in copertina, elaborazione grab via Vimeo CC BY 3.0 AFL Architects
12/28/202121 minutes, 39 seconds
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012: L’ennesimo fallimento neocoloniale francese in Mali

Il governo francese ha annunciato la fine dell’operazione Barkhane, ma il Mali è uno dei paesi più poveri e sfruttati del mondo, minacciato dal cambiamento climatico e dalla desertificazione.   Il governo francese ha annunciato la fine dell’operazione Barkhane — l’ennesima azione militare con cui la Francia ha messo gli stivali nel suolo dell’Africa Occidentale, che nonostante mezzo secolo di decolonizzazione il governo di Parigi continua evidentemente a considerare un suo cortile. Il Mali inoltre è un paese tutt’altro che pacificato, in cui è recentemente avvenuto un colpo di stato militare, con frange di guerriglieri che cercano di affiliarsi alla grande galassia del jihadismo internazionale e interessi contrapposti tra le grandi potenze occidentali. Ma questi guerriglieri possono essere definiti jihadisti? E, vent’anni dopo l’attentato alle Torri gemelle, ha ancora senso usare questo termine nel modo in cui siamo abituati?   Come sempre troviamo poi in azione nella zona i mercenari russi del gruppo Wagner, che vengono usati da Mosca ormai come una vera parte integrante della propria strategia “diplomatica,” essendo attivi in numerose aree di guerra — anche a bassa intensità — in varie parti del mondo. In tutto questo, il Mali è uno dei paesi più poveri e sfruttati del mondo, minacciato dal cambiamento climatico e dalla desertificazione: a farne le spese sono ovviamente le persone comuni, che spesso sono costrette a fuggire verso quell’Europa che è stata la causa primaria di molte delle loro difficoltà.    Show notes   France's Macron cancels Mali trip over new COVID wave | Reuters Una panoramica sul G5 Sahel | Il Caffè Geopolitico France is one step closer to withdrawal from Mali | Africanews Mali, così Washington pressa sulla Wagner - Formiche.net Il Mali oltre la linea rossa della guerra | il manifesto U.S. alarmed by potential deployment of Russia-backed group in Mali -State Department | Reuters French forces leave Mali’s Timbuktu after nearly nine years | News | Al Jazeera   Sostieni l’informazione indipendente di the Submarine: abbonati a Hello, World! La prima settimana è gratis   In copertina, foto CC-BY-SA 4.0 TM1972
12/21/202120 minutes, 9 seconds
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011: Il rais preferito dell’Unione europea

Nonostante gli sviluppi molto positivi del caso Zaki, la crisi della democrazia in Egitto resta gravissima, con al–Sisi che è riuscito a imporsi come un alleato fondamentale per l’Ue nella lotta al terrorismo e all’emigrazione. Ma dietro l’ostentazione di potere ci sono delle crepe   Settimana scorsa ci siamo rallegrati per la scarcerazione di Patrick Zaki. La sua odissea però non è ancora finita, visto che dovrà comparire di nuovo davanti alla “giustizia” egiziana. Come lui, decine di migliaia di prigionieri politici soffrono nelle carceri di quello che è uno dei regimi più sanguinari del mondo, nonché il terzo paese del pianeta per esecuzioni capitali. Al suo vertice c’è il tiranno al-Sisi, salito al potere con un violento colpo di stato nel 2013.    Nonostante la situazione drammatica dei diritti umani, al-Sisi gode di rapporti costruttivi con i leader occidentali, che vedono in lui un baluardo contro l’islamismo e l’immigrazione irregolare, e il paese gode di una posizione chiave nell’economia e nella politica della zona, coprendo una posizione strategica tra Africa e Asia sudoccidentale. Una posizione che sembra essere sempre più forte, tra le intromissioni nella politica libica e i tentativi di normalizzazione dei rapporti con le potenze ostili dell’area — ad esempio con la Turchia di Erdogan.    Non sembra esserci grande speranza per la democrazia e la libertà in Egitto — ma il disastro della Ever Given, con l’impreparazione del regime egiziano nella gestione dell’ostruzione del canale di Suez, lasciano un barlume di speranza: anche al-Sisi ha i propri punti deboli, nonostante la mascheri dietro la ridicola ostentazione di potere con parate militari pacchiane e le inaugurazioni trionfali di nuovi musei.    Show notes   Zaki libero, l'Egitto no | ISPI Egypt FM heads to Riyadh to inaugurate Egyptian-Gulf political consultation mechanism - Egypt Independent Egypt is new chair of African intelligence body | Arab News New Egyptian-Ethiopian escalation over Nile dam - Al-Monitor: The Pulse of the Middle East Regeni, commissione inchiesta: "Egitto unico responsabile omicidio. Ma il governo italiano ha favorito la normalizzazione dei rapporti" - Il Fatto Quotidiano Israele-Egitto, la diplomazia del papiro. Lapid al Cairo restituisce preziosi reperti archeologici contrabbandati - la Repubblica Burning ambition: Egypt’s return to regional leadership and how Europe should respond – European Council on Foreign Relations Egypt weighs impact of Ethiopia's civil war - Al-Monitor: The Pulse of the Middle East   Sostieni l’informazione indipendente di the Submarine: abbonati a Hello, World! La prima settimana è gratis   in copertina, elaborazione da foto CC-BY 3.0 Kremlin.ru
12/14/202122 minutes, 41 seconds
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010: La tempesta perfetta di Erdogan

Sabato è stato sventato un attentato a Erdogan, mentre la crisi economica si fa sempre più difficile. Ma la Turchia è ancora un centro di potere internazionale — dal comportamento imprevedibile.   Lo scorso 4 dicembre la polizia turca ha annunciato di aver trovato una bomba sotto la macchina di un agente a una manifestazione dove sarebbe stato presente Erdogan. L’attentato è stato sventato in larghissimo anticipo — la vettura era ancora a più di 200km da Siirt, dove doveva parlare Erdogan — ma segna un ulteriore momento di instabilità nel paese, che da anni, tra problemi reali e momenti di… “teatralità” di Erdogan, si trova in condizione di crisi sempre più gravi.   La svalutazione della lira turca — una strategia di Erdogan per aumentare le esportazioni, ma che ha avuto conseguenze negative sul potere d’acquisto dei cittadini turchi — ha portato a una situazione problematica a livello sociale, che inevitabilmente avrà conseguenze a livello politico: già ora stiamo assistendo ad un rinsaldo tra forze di opposizione, mentre il malcontento è sempre più diffuso.   Tutto questo si riversa anche nella politica internazionale. Gli Stati Uniti restano un interlocutore privilegiato, ma il rapporto tra i due paesi si è incrinato — tra le vicende dei curdi siriani e il caso di Fethullah Gülen. Erdogan però, riesce sempre a portare avanti una linea parallela: è dentro la NATO ma con un piede fuori, si allea con la Russia ma al tempo stesso le si contrappone, prende il posto della NATO in Afghanistan e ha un rapporto privilegiato con il Qatar. Erdogan, nonostante la crisi interna, continua a riuscire a essere un personaggio fondamentale in Turchia e in tutta l'area — che non sarà facile da scalzare.   Show Notes   Turchia, il piano per far fuori Erdogan: attentato e bomba sotto l'auto di scorta – Il Tempo Erdogan visits Qatar for Supreme Strategic Committee meeting | News | Al Jazeera Qatar, Turkey to work together on stabilising Afghanistan | Politics News | Al Jazeera Libia: la Turchia capofila nei progetti di ricostruzione | Sicurezza internazionale | LUISS Ukraine buys more armed drones from Turkey than disclosed and angers Russia - Bloomberg Giochi pericolosi ad Ankara | ISPI Lira crash slams Turkey’s factories, farmers and retailers | Business and Economy News | Al Jazeera Why is the Turkish lira crashing and what impact is the currency crisis having in Turkey? | Euronews A $15bn new canal for Istanbul | The Economist Sostieni l’informazione indipendente di the Submarine: abbonati a Hello, World! La prima settimana è gratis   in copertina, foto via Facebook
12/7/202122 minutes, 7 seconds
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009: Neanche la variante Omicron sta sbloccando la crisi dei brevetti

L’emergere di una nuova variante ha fatto scattare una serie di misure internazionali di limitata efficacia — come il blocco dei voli — ma sui brevetti invece è ancora tutto fermo, mentre il divario causato dall’apartheid vaccinale si fa sempre più largo   La variante B.1.1.529 è stata categorizzata come “di preoccupazione” da parte dell’OMS e ribattezzata Omicron. Non è ancora chiara la sua eventuale capacità di evadere i vaccini attuali — per sicurezza molti paesi hanno bloccato i voli dal Sudafrica, dove è stata individuata.   Ma questa chiusura dei confini ha senso? Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ovviamente pensa di no, dicendo che la limitazione ai viaggi non è sostenuta dalla scienza. “L’unica cosa che la limitazione ai viaggi otterrà è di fare ulteriori danni alle economie dei paesi colpiti, e danneggiare la loro capacità di rispondere alla pandemia e riprendersi,” ha commentato. L’Africa ha già ricevuto molte meno dosi del resto del mondo, a causa della tutela a oltranza dei brevetti sui vaccini e del fallimento del programma Covax.   In realtà, anche l’OMS la pensa come lui: in un documento pubblicato per esprimere solidarietà all’Africa e chiedere la riapertura dei confini, il direttore regionale dell’OMS Matshidiso Moeti ha dichiarato seccamente che “i divieti ai viaggi che colpiscono l’Africa attaccano la solidarietà globale.” L’organizzazione sottolinea che il Sudafrica ha rispettato le regolamentazioni internazionali annunciando la variante con puntualità, e chiede che anche la comunità internazionale lo faccia, valutando politiche e restrizioni che siano “basate sulla scienza.”   Con la difesa a oltranza dei brevetti, l’Europa è comunque corresponsabile della nuova mutazione del virus. Nel corso del 2021, la Germania e il Regno Unito sono emersi come i più accaniti difensori della proprietà intellettuale delle formule delle case farmaceutiche, creando un collo di bottiglia che ha reso molto più difficile la vaccinazione su scala globale, rendendo possibile lo sviluppo di nuove forme del virus.   L’unica alternativa proposta dai difensori dei brevetti sono i programmi di donazione, nei quali l’Unione europea — interessata a proteggere Pfizer — rivendica un ruolo di leadership. Tuttavia, la realtà è un po’ diversa: finora, solo un terzo delle dosi di cui è stato annunciata la donazione sono state effettivamente consegnate. Secondo un retroscena di DW, la causa del ritardo sarebbe l’ennesimo contenzioso tra politica e aziende farmaceutiche, che si rifiutano di spedire i vaccini direttamente nei paesi destinatari delle donazioni, pretendendo che siano gli stati donatori a gestire la logistica.    Il mese scorso il segretario di stato alla Salute tedesco Thomas Steffen se ne era lamentato con la Commissione europea in una lettera filtrata ai media: “I produttori sembrano approfittarsi degli obblighi contrattuali degli stati membri per ottenere il loro permesso scritto, in modo da ostacolare i trasferimenti di vaccini, che ritengono potenzialmente dannose per i loro interessi commerciali.” Ieri, di fronte all’allarme per Omicron, le borse di tutto il mondo hanno tremato — mentre le azioni di Pfizer e Moderna sono salite alle stelle.   Cercando di tranquillizzare il paese, ieri Joe Biden ha tenuto un breve discorso sulla variante Omicron, definendola “causa di preoccupazione, e non di panico.” Biden ha ammesso che il blocco dei voli dall’Africa — una decisione osteggiata dall’Oms — potrà rallentare, ma non impedire, la diffusione della nuova variante, ha detto che in questo momento non è necessario un nuovo lockdown, e ha chiesto a chi deve ancora vaccinarsi di farlo al più presto. Il presidente statunitense ha poi sottolineato che “le varianti Delta, così come ora questa variante Omicron, sono emerse in altri posti del mondo, per cui non possiamo cedere finché tutto il mondo non è vaccinato.” Ma la Casa bianca sta facendo qualcosa perché il resto del mondo venga vaccinato? A dire la verità, no: Biden ha più volte sostenuto pubblicamente l’idea di sospendere i brevetti per i vaccini, ma la sua amministrazione non ha mai esplicitamente dato il sostegno alla proposta concreta avanzata in questo senso ormai più di un anno fa da Sudafrica e India. Alcuni documenti confermano che la sua amministrazione Biden non sta facendo niente per il superamento dei brevetti.   Eppure la pressione degli Stati Uniti sarebbe l’unico modo per sbloccare la situazione: Washington ha un potere sproporzionato nel Wto, e solo il suo esplicito allineamento al Sudafrica potrebbe costringere Unione europea, Regno Unito e Svizzera a smuoversi dalla propria posizione estremista in difesa dei ricavi delle grandi aziende farmaceutiche. Le illazioni delle autorità europee, che sostengono che la sospensione dei brevetti non serva perché sarebbe necessario costruire stabilimenti da zero, sono false: in molti paesi del sud globale esistono già infrastrutture locali che potrebbero produrre vaccini a mRNA — ad esempio in India, Brasile, Thailandia, Sudafrica, Argentina e Indonesia.   Sostieni l’informazione indipendente di the Submarine: abbonati a Hello, World! La prima settimana è gratis   In copertina, elaborazione foto CC BY 2.0 Marco Verch
11/30/202120 minutes, 21 seconds
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008: Rischia di scoppiare una guerra tra Algeria e Marocco?

I due stati hanno interrotto tutte le relazioni diplomatiche a causa delle tensioni sul Sahara Occidentale: il territorio è al centro di una contesa pluridecennale per la sua posizione strategica e le disponibilità energetiche. La tensione tra Algeria e Marocco è storica — tanto da essere spesso paragonata alla guerra fredda. Da circa un anno, il rapporto si è ancor più inasprito, raggiungendo il culmine quest’estate. Il 24 agosto l’Algeria ha dichiarato di aver interrotto le relazioni diplomatiche con la monarchia marocchina, accusata di essere coinvolta negli incendi che hanno colpito il paese. Ora i due stati non hanno rinnovato l’accordo MEG: così, il gasdotto che parte dall’Algeria per raggiungere la Spagna non passerà più per il Marocco, con conseguenze disastrose per il paese europeo in un momento in cui anche i prezzi dell’elettricità stanno aumentando. Il Marocco, sin dall’indipendenza nel 1956, gode di una posizione strategica. È attualmente una monarchia, economicamente molto forte. Dopo 35 anni di boicottaggio, è entrato a far parte dell’Unione Africana nel 2017 — con conseguente decadimento del riconoscimento diplomatico di molti paesi rispetto al Sahara Occidentale. La questione del Sahara Occidentale, territorio tra Marocco e Mauritania, va avanti dal 1957, con un inasprimento della questione dal 1975. Le ingerenze del Marocco sono state contrastate dal Fronte Polisario, che si è andato a creare in risposta e che è riuscito a ottenere una relativa vittoria. Nel 1991 le Nazioni Unite hanno enfatizzato la necessità di un referendum per dare la libertà di autodeterminazione alla popolazione del Sahara Occidentale, ma ancora oggi non è stato organizzato. La firma degli Accordi di Abramo nel 2020 è stata la moneta di scambio con cui Trump ha riconosciuto la sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale, aumentando ancor più l’aggressività del paese. In realtà, come evidenziato dalla Corte Internazionale di Giustizia, il territorio non ha storicamente nessun legame con gli stati limitrofi. L’Algeria, sin dall’indipendenza dalla Francia, appoggia sempre le istanze rivoluzionarie nel mondo. In questo caso, è dalla parte del Fronte Polisario. Show Notes Morocco-Algeria relations: What is fueling the current tensions? | Middle East | News and analysis of events in the Arab world | DW | 05.11.2021 Marocco e Algeria stanno litigando, di nuovo - Il Post Things are heating up in Western Sahara | The Economist Western Sahara Figures Prominently in Algeria-Morocco Tensions Altissima tensione tra Algeri e Marocco, dopo l'uccisione di camionisti algerini | Euronews Il Sahara Occidentale fa salire la tensione tra Marocco e Algeria - Internazionale Popolo Saharawi, le sentenze della corte di giustizia Ue sulle risorse naturali — Fondi europei e cooperazione internazionale Why Algeria cut diplomatic ties with Morocco: and implications for the future Algeria-Morocco tensions: The onset of a regional cold war | Middle East Institute Western Sahara: Polisario Front Urges Foreign Companies to Leave Western Sahara - allAfrica.com Sostieni l’informazione indipendente di the Submarine: abbonati a Hello, World! La prima settimana è gratis in copertina, foto CC BY-SA 2.0 Western Sahara
11/23/202120 minutes, 11 seconds
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007: Ci mancava solo il figlio di Gheddafi

La conferenza internazionale di Parigi ha cercato di spianare la strada alle elezioni che il paese aspetta da anni — ma, tra la discesa in campo del figlio di Gheddafi e la presenza scomoda del generale Haftar, non è affatto certo quando si andrà alle urne   Venerdì 12 novembre si è tenuta a Parigi una conferenza sulla Libia per cercare di risolvere le tensioni tra le parti coinvolte e portare a una stabilizzazione del paese. Per la prima volta i paesi dell’Unione europea erano sostanzialmente allineati nella questione libica — dopo un decennio che ha visto una vera e propria guerra per procura anche tra paesi membri dell’Ue. La conferenza ha prodotto un documento che spera di velocizzare il processo per ottenere una legge elettorale che vada bene a tutte le parti in causa e stabilire delle sanzioni verso coloro che ostacoleranno le elezioni — oltre al ritiro delle milizie russe.   Com’è la situazione in Libia? Dopo il cessate il fuoco dell’ottobre 2020 è stato istituito un governo provvisorio guidato da al-Manfi e Dbeibah, che tenta di unire le due fazioni che si erano combattute con Haftar e Al-Serraj. La Libia esce da un lungo periodo di guerra civile, iniziato con le proteste del 2011 che avevano portato alla cacciata di Gheddafi — e che dopo un periodo di turbolenza aveva portato alla sostanziale divisione del paese in due, con il governo di Haftar a Tobruk e quello di Serraj a Tripoli.    Nel paese si sono combattuti diversi interessi contrapposti, con la Turchia di Erdogan che ha appoggiato i rappresentanti locali della fratellanza musulmana, l’Egitto di al-Sisi a sostenere Haftar. E ovviamente i paesi europei, con la Francia e la Turchia stessa che hanno cercato sostanzialmente di scalzare il ruolo di primo piano che l’Italia ha sempre avuto nel paese dal dopoguerra — soprattutto legato agli interessi della grande multinazionale petrolifera italiana, l’Eni. I colloqui per fissare una data per le elezioni vanno avanti da quasi un anno: non è stato semplice mettere d’accordo tutti. Alla fine si è trovato una data ufficiale per il 24 dicembre, anche se — per usare un eufemismo — non è affatto chiaro se verrà rispettata.   Ora che però le urne sembrano essere una possibilità concreta, si iniziano anche a profilare i primi possibili candidati e le relative polemiche: ad esempio quella del figlio del colonnello Gheddafi, Saif Gheddafi, che ha annunciato la sua discesa in campo. Gheddafi è stato a lungo detenuto dalle stesse forze che per lungo tempo l’hanno tenuto incarcerato — nel 2015 Saif Gheddafi era addirittura stato condannato a morte, ma era stato in seguito scarcerato. Anche Haftar in persona ha scelto di candidarsi: condivide con Gheddafi un passato estremamente controverso, dato che entrambi i personaggi sono accusati di crimini di guerra e contro l’umanità — non proprio delle ottime premesse per una pace duratura nel paese.   Show Notes   In Libya, a Gaddafi makes a play for power | Muammar Gaddafi News | Al Jazeera Libya: Saif al-Islam Gaddafi to run for president | Middle East Eye Libya's Haftar steps down from role to run for president | Reuters Declaration of the Paris International Conference for Libya | Élysée Non ci si aspetta molto, dalla conferenza di Parigi sulla Libia - Il Post Europeans make final push for Libyan elections – POLITICO Libia: uno spiraglio di luce in fondo al tunnel Turkey rebuffs French call for troop withdrawal from Libya | Recep Tayyip Erdogan News | Al Jazeera La Grecia si arma contro la Turchia: a breve comprerà caccia francesi Libia-Turchia, accordo ai confini dell'Europa: l'intesa economica e militare tra al-Sarraj ed Erdogan - Open Libia: NATO annuncia indagini sull’incidente tra Francia e Turchia | Sicurezza internazionale | LUISS Sostieni l’informazione indipendente di the Submarine: abbonati a Hello, World! La prima settimana è gratis in copertina, una grafica del 2018 dalla pagina Facebook di Saif Gheddafi
11/16/202119 minutes, 35 seconds
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006: La catastrofe umanitaria della guerra in Tigray

Doveva essere un’operazione di polizia, lunga poche settimane, invece l’aggressione di Addis Abeba contro il governo del Fronte di liberazione del popolo del Tigray si è trasformata in una guerra che ha causato una immane catastrofe umanitaria. I riflettori internazionali si sono accesi di nuovo sull’Etiopia: è passato un anno dall’inizio del conflitto, ma la situazione per sul territorio è durissima. Secondo una recente dichiarazione dell’Alta commissaria delle Nazioni Unite ai Diritti umani Bachelet, tutte le parti coinvolte in quella che è una vera e propria guerra civile hanno in varia misura compiuto violazioni dei diritti umani, alcune delle quali possono costituire crimini di guerra e contro l’umanità. Quella che era iniziata come un’azione di polizia contro il governo del Fronte di liberazione del popolo del Tigray si è trasformata in un conflitto che ha travolto tutto il paese. Dopo 12 mesi lo scenario a livello umanitario è catastrofico: il conflitto ha provocato circa 1,8 milioni di sfollati e 60 mila rifugiati in Sudan. Sono tantissime le persone isolate e che hanno bisogno di assistenza alimentare: i mercati locali sono al collasso, a causa della stagione di magra e alla difficoltà di accedere al commercio a livello regionale. Oltre alla popolazione tigrina, in pericolo ci sono anche circa 100 mila profughi eritrei, sparsi in quattro campi dislocati nella regione. L’Etiopia è attraversata da tensioni etniche fin dal 1991, quando dopo il crollo dell’Unione Sovietica il regime filocomunista del Derg ha lasciato spazio a una serie di divisioni interne e guerre civili — che hanno ad esempio portato alla secessione dell’Eritrea nel 1993. L’attuale Primo ministro Abiy è stato insignito del premio Nobel per la pace nel 2019 a causa della sua apparente volontà di portare definitivamente la pace nel paese — forse una delle assegnazioni del premio più avventate della storia.  Il governo etiope inoltre è stato anche al centro di forti tensioni regionali e internazionali a causa del progetto di costruzione della gigantesca Diga del rinascimento etiope, un manufatto per la produzione di energia idroelettrica che ha portato il paese sull’orlo del conflitto con i vicini Sudan ed Egitto, resi nervosi dalla possibilità di essere tenuti in ostaggio dal governo etiope e dalla sua eventuale capacità di determinare quanta acqua — preziosissima — possa scorrere dal Nilo Azzurro fino a valle. Show notes Bachelet says violations ongoing in Ethiopia's Tigray region - France 24 Etiopia, Addis Abeba non è assediata dai ribelli: "La stampa mondiale mente" - Affaritaliani.it Etiopia: dalle ambizioni regionali al rischio guerra civile Senza un vero esercito Abiy Ahmed si affida ai civili. Etiopia sul baratro | il manifesto Etiopia, i ribelli del Tigray verso Addis Abeba. Come si è arrivati alla crisi - Il Sole 24 ORE Il genocidio dimenticato del Tigray Etiopia sotto accusa, "nel Tigray si sta consumando un genocidio" Etiopia, dopo gli scontri il Sudan chiude le frontiere. E nel Tigray Internet non funziona - DIRE.it Michelle Bachelet: da ex presidente Cile ad Alto Commissario Onu Elezioni in Etiopia, vittoria schiacciante del partito del premier Abiy Ahmed - la Repubblica Ethiopia rejects Arab League resolution on Renaissance Dam | Arab League News | Al Jazeera Ethiopia-Tigray war: who is fighting and what has been the toll? | Ethiopia | The Guardian Etiopia sotto accusa, "nel Tigray si sta consumando un genocidio" Etiopia, dopo gli scontri il Sudan chiude le frontiere. E nel Tigray Internet non funziona - DIRE.it Michelle Bachelet: da ex presidente Cile ad Alto Commissario Onu Elezioni in Etiopia, vittoria schiacciante del partito del premier Abiy Ahmed - la Repubblica Ethiopia rejects Arab League resolution on Renaissance Dam | Arab League News | Al Jazeera Ethiopia-Tigray war: who is fighting and what has been the toll? | Ethiopia | The Guardian Ethiopia airstrikes target Tigray rebels as aerial campaign continues | Ethiopia | The Guardian Ethiopian rebels deny that their aim is to take over the capital | Africanews UN report says Ethiopia's war marked by 'extreme brutality' - France 24 Sostieni l’informazione indipendente di the Submarine: abbonati a Hello, World! La prima settimana è gratis
11/9/202120 minutes, 18 seconds
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005: Libano: l’ago della bilancia

L’esercitazione militare delle IDF a nord di Israele è solo l’ultimo sfogo di tensioni di vecchia data che causano instabilità in tutta la regione In questa puntata per la prima volta capiremo come l’instabilità di una regione sia spesso collegabile al comportamento dei paesi che la compongono. Partiamo dalle ultime notizie e andiamo a ritroso, per capire questo mese molto complicato per il Sud–ovest asiatico. La mattina del primo novembre, l’IDF — l’esercito israeliano — ha cominciato un’esercitazione nel nord del paese, che simula una guerra su larga scala in risposta ad ipotetici lanci di razzi da parte di Hezbollah. Insomma: ci si sta preparando per un conflitto con il Libano. L’esercitazione era già nei programmi del ministero della Difesa di Tel Aviv, ma è stato anticipata in seguito ai bombardamenti dell’IDF su un deposito di armi di Hezbollah nel nord di Damasco, avvenuto pochi giorni prima, e in seguito alle tensioni crescenti con l’Iran. Le conflittualità tra Hezbollah e Tel Aviv sono decennali e si portano dietro problematiche endemiche tra Israele e Libano, in merito al confine e alle rispettive aree di competenza sulle acque su cui si affacciano. Ad oggi non esiste un confine ben delineato tra i due paesi: poiché Beirut non riconosce lo stato di Israele, non ha mai firmato accordi in proposito — il confine provvisorio resta la “linea blu” tracciata dalle Nazioni Unite. La presenza israeliana in Siria viene raramente raccontata, ma è importante ricordare che Israele è tra i paesi più interessati da ciò che avviene in Siria. Il governo di Tel Aviv partecipa attivamente al conflitto, spesso facendosi scudo di voli civili. Le tensioni tra Israele e Hezbollah non si fermano alla Galilea e alla Siria, ma sono parte dell’instabilità che interessa tutta la regione. Show Notes I jet israeliani hanno bombardato la Siria sotto la copertura di aerei civili - GUERRE E IMPERIALISMO - L'Antidiplomatico Libano- Israele: la disputa sui confini marittimi continua | Sicurezza internazionale | LUISS Lebanon's Hezbollah warns Israel against drilling in disputed maritime border  | Middle East Eye Saudi Arabia, Bahrain expel Lebanese ambassadors | Business and Economy News | Al Jazeera Dopo l'Arabia Saudita anche Emirati, Bahrain e Kuwait contro il Libano: espulsi gli ambasciatori - la Repubblica Syria says Israel fired missiles toward outskirts of Damascus | News | DW | 30.10.2021 Arab League ‘concerned’ by ‘deteriorating’ Lebanon-Gulf ties | News | Al Jazeera Saudi Arabia: Dealing with Hezbollah-dominated Lebanon 'pointless' | Middle East Eye
11/2/202112 minutes, 30 seconds
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004: Come si è arrivati al nuovo golpe militare in Sudan?

Dalla pandemia alla scarsità dell’acqua potabile, passando per i continui blackout: la fragilità della transizione democratica in Sudan è stata messa alla prova dalle condizioni economiche e sociali Fino a poche ore fa pensavo che in questa puntata vi avrei raccontato delle proteste esplose a Khartoum nelle ultime settimane, delle difficoltà economiche del Sudan, e di come il governo di transizione fosse ancora in stallo dopo più di due anni dalla deposizione di al–Bashir. Pensavo che il colpo di stato militare potesse essere solo uno degli scenari possibili di fronte alla spaccatura che divide il paese. E invece, oggi parliamo dell’ennesimo golpe militare della storia del Sudan. All’alba del 25 ottobre, i militari, guidati dal generale Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, presidente del Consiglio sovrano, hanno arrestato il Primo ministro Abdallah Hamdok, insieme a diversi altri ministri della componente civile del governo di transizione, tra cui il ministro all’Industria Ibrahim al-Sheikh e il ministro all’Informazione Hamza Baloul. È stato arrestato anche il governatore di Karthoum Ayman Khalid. A partire dalle quattro del mattino l’accesso a internet è stato quasi completamente disattivato, poco dopo l’arresto di Hamdok — è una pratica ormai diffusa in momenti di crisi politica, in particolare nelle aree più delicate del mondo, lo abbiamo visto in Senegal, in Guinea, in Etiopia e in Iraq. Ieri migliaia di persone sono scese in strada per protestare contro il golpe militare in Sudan, ma l’esercito ha immediatamente reagito con violenza: mentre scriviamo si parla di almeno 7 persone uccise e 140 ferite.  Ma come si è arrivati al colpo di stato di ieri mattina? Show notes Così è caduto l’uomo forte del Sudan Perché sono tornate le proteste in Sudan? - Sudan, transizione democratica fragile a due anni dal golpe mentre riesplode il Darfur - Focus On Africa - Coronavirus (COVID-19) Vaccinations - Statistics and Research - Our World in Data Sudan coup 2021: Internet 'severely disrupted' after military takeover | Middle East Eye Sudan general dissolves government and declares emergency in military coup | World News | Sky News FOCUS ON AFRICA. Dieci anni dopo Sudan e Sud Sudan verso la riapertura dei confini Authorities in Sudan must stop imposing telecommunication blackouts to control information flow during military coup - Access Now Sudan, i quattro mesi di proteste che hanno rovesciato Bashir: dalla lotta per il pane
10/26/202114 minutes, 57 seconds
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003: L’equilibrio precario della Tunisia tra riforme e autoritarismo

Il paese sta affrontando un percorso difficilissimo per rispondere alla crisi economica e politica, che vede però tutti i poteri concentrati nella figura del presidente Saied.   L’11 ottobre 2021, dopo due mesi e mezzo di stallo dagli eventi dello scorso 25 luglio, ha prestato giuramento davanti al Presidente della Repubblica il nuovo governo guidato da Najla Bouden Romdhan, prima donna in assoluto a ricoprire la carica di Primo Ministro in un Paese dell’area arabofona. Un governo con il 33% di presenza femminile: dei 24 ministri, 8 sono donne.   Classe 1958, ed ingegnere di formazione, la neopremier è docente di scienze geologiche alla Scuola nazionale di ingegneri di Tunisi, con alle spalle una lunga esperienza accademica e nella ricerca, in particolare nel settore della valutazione sismica, della vulnerabilità degli edifici, e della gestione delle catastrofi.   Fino all’incarico da parte di Saied, è stata responsabile dell'attuazione del programma della Banca mondiale presso il ministero dell'Istruzione superiore e della ricerca scientifica, istituzione con la quale collabora da anni. Il programma finanziato dalla Banca mondiale dà sostegno alla riforma dell'istruzione superiore in corso in Tunisia.   Dal 2006 al 2016 è stata la principale consigliera di sette ministri dell'Istruzione superiore e della ricerca scientifica, oltre ad essere incaricata del controllo qualità presso lo stesso ministero, a partire dal 2011, dopo essere stata presidente dell'unità di gestione degli obiettivi. Ha istituito il primo programma di finanziamento competitivo e innovatore a sostegno dei progetti che vertono sulla garanzia di qualità, il buon governo, l'innovazione e l'imprenditoria.   Oltre alla sua missione accademica e ministeriale, l'ingegnere tunisina ha partecipato a diversi gruppi di lavoro e programmi nella regione del Sud Ovest Asiatico e del Nord Africa. Najla Bouden è anche co presidente del Gruppo consultivo mondiale sulla scienza e la tecnologia dell'Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione dei rischi di catastrofi. È quindi abbastanza evidente che la scelta di Saied sia ricaduta su una personalità con un curriculum di eccellenza nel mondo accademico e ministeriale, ma possiamo dire che una rondine non fa primavera. La scelta di una donna per il ruolo di Primo Ministro serve ad offuscare la complessità politica che c’è dietro alla crisi istituzionale tunisina che si protrae dal 25 luglio 2021.   In questa puntata di Matassa cerchiamo di ripercorrere le tappe che, negli scorsi mesi, hanno portato alla situazione attuale.   Show notes   25 juillet, les pleins pouvoirs aux mains de Kaïs Saied – Inkyfada What is going on in Tunisia? All you need to know | Tunisia | The Guardian Entretien téléphonique entre le président de la République et le Haut représentant de l’UE pour les Affaires étrangères Da dove arriva la crisi in Tunisia Chi è Najla Bouden Romdhane, prima premier donna della Tunisia In Tunisia altri arresti politici, la società civile
10/19/20210
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002: Le complicate elezioni irachene

Stati Uniti, Iran, ma anche Francia guardano all’esito elettorale in Iraq. Ma il nodo centrale di queste elezioni — e il motivo per cui ha vinto l’astensionismo — è proprio la forte ingerenza estera nel paese, che alimenta un sistema corrotto Nell’ottobre 2019, migliaia di iracheni hanno iniziato a partecipare a enormi manifestazioni per chiedere un cambiamento: chiedevano la fine della corruzione dilagante che stava dirottando la ricchezza petrolifera del loro paese, per ottenere servizi pubblici migliori — come un sistema idrico e un sistema elettrico affidabili — ma soprattutto chiedevano di avere più voce in capitolo in un governo. Il movimento di protesta ha costretto Adel Abdul-Mahdi, allora Primo ministro, a dimettersi nel dicembre 2019, e a far insediare un governo che avrebbe dovuto traghettare il Paese verso nuove elezioni. Domenica 10 ottobre gli elettori si sono recati alle urne per le seste elezioni legislative dalla caduta di Saddam Hussein nel 2003 — la prima volta che si vota a causa delle richieste di piazza. Le consultazioni si sono svolte con una nuova legge elettorale che divide l'Iraq in circoscrizioni più piccole — un'altra richiesta dei giovani attivisti — e permette un maggior numero di candidati indipendenti. Molti iracheni, però, disillusi dalla politica nazionale, hanno dichiarato di non avere alcuna ragione per andare a votare e hanno sostenuto un boicottaggio diffuso. Gli attuali partiti al potere – molti sostenuti dalle milizie coinvolte negli attacchi che hanno ucciso circa 600 manifestanti – sono quelli che molto probabilmente usciranno vincitori dalle urne, deludendo ancora di più le aspettative di coloro che sono scesi in piazza nell’ottobre del 2019. A poche ore dalla chiusura dei seggi, possiamo dire che l’astensionismo è uscito vincitore: solo il 41% dei cittadini iracheni si è recato alle urne. La rabbia crescente contro questo sistema, noto come muhasasa, è stata una delle cause delle proteste popolari iniziate nel 2019. È ampiamente considerato come una ragione chiave per i problemi di governo in Iraq oggi. Ha portato all'impasse in parlamento e si è prestato alla corruzione diffusa e al clientelismo, dato che i partiti politici travasano i fondi statali per pagare i loro sostenitori o riservare posti di lavoro ai fedelissimi. Così si è andato a creare uno scenario politico complesso e incapace di governare il Paese. Nota: questa puntata è stata registrata prima che venissero annunciati i risultati delle elezioni. Show notes In Iraq's elections, little is expected to change : NPR L'Iraq alla prova del voto, tutti gli scenari per le elezioni del 10 ottobre - NovaNews L’Iraq a un anno dalle proteste | Sicurezza internazionale | LUISS L'incredibile giro politico di Muqtada al Sadr - Il Post Turnout at Iraqi national election sluggish as many boycott polls | Iraq | The Guardian Chi era Qassem Soleimani, la super spia iraniana che Trump ha voluto morto France’s Macron visits Iraq to show support and strengthen ties Macron vows French troops will re
10/12/20210
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001: Vent’anni dopo l’invasione dell’Afghanistan

Per capire l’Africa e il Sud Ovest Asiatico bisogna partire dal 7 ottobre: la regione esce dalla “guerra al terrorismo” completamente distrutta, e la retorica di Stati Uniti e paesi alleati in questi anni non ha fatto altro che alimentare i movimenti islamisti locali Benvenut* a Matassa, il nuovo podcast di Leila Belhadj Mohamed e the Submarine che vuole raccontare quello che succede nei paesi e nei luoghi che la stampa mainstream italiana prende in considerazione soprattutto quando c’è da mettere in guardia sull’ennesima presunta invasione di migranti o profughi. Per affrontare l’attualità dell’Africa e del Sud Ovest Asiatico non si può non partire dal 7 ottobre, o meglio, dall’ondata di instabilità che ha colpito la regione in seguito alla “guerra al terrorismo” che George W. Bush scatenò in risposta agli attacchi contro New York e Washington. È impossibile sminuirne l’importanza storica: hanno stravolto i rapporti internazionali, scosso le fondamenta delle Nazioni Unite e della NATO, diviso l'opinione pubblica americana ed europea, modificando la vita dei cittadini del mondo intero. Proprio il fatto che gli Stati Uniti si sono sempre considerati inattaccabili sul proprio territorio continentale ha causato nelle coscienze degli americani un senso di alienazione e di annientamento morale di fronte ad un attacco inaspettato in casa propria. “Attacco all'America,” “trauma,” “lacerazione,” “vulnerabilità,” “l'Orrore”: sono solo alcune delle espressioni usate per evocare l'attentato alle Torri gemelle dai giornalisti occidentali e non solo. Bush ha l'ambizione di combattere una guerra contro un soggetto non statuale e ben definito, contro un'organizzazione terroristica, Al Qaeda, con sedi in vari Paesi del Sud Ovest Asiatico e dell'Africa. Ciò comporta alla realizzazione di un conflitto caratterizzato non solo da tempi molto lunghi, ma anche dalla possibilità per l’esercito statunitense di intervenire in Stati differenti, i cosiddetti rogue states – gli Stati canaglia  — con l'obiettivo di annientare i guerriglieri jihadisti. L’impossibilità di immaginare vittorie definitive in tempi rapidi spiega perché la guerra al terrorismo viene descritta dallo storico Vittorio Dan Segre come un “conflitto epocale.” Il Sud Ovest Asiatico è completamente distrutto in seguito a questi conflitti e il tono apertamente messianico che ricorda le crociate non ha fatto altro che alimentare i movimenti islamisti locali, al punto di riuscire a fare proseliti in tutto il mondo e a costruire organizzazioni terroristiche parallele ad Al Qaeda operanti ovunque, persino in Europa. Gli attacchi alle Twin Towers e al Pentagono, a differenza di molti altri attacchi terroristici nella storia del mondo, non sono stati solo un casus belli, ma l’inizio di un nuovo sistema internazionale. Show notes Il discorso di Bush agli Stati Uniti 11 settembre, lo storytelling sulla guerra al terrorismo resiste dal 2001: il Bene contro il Male. E Biden parla come Bush - Il Fatto Quotidiano Terrorism by the Numbers | World101 Terrorism: Facts and statistics | Statista Islamist terrorist attacks in the world 1979-2019 - Fondapol The Drone Papers: Secret documents detail the U.S. assassination program. <
10/5/20210
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Matassa è il nuovo podcast di the Submarine che vuole raccontare quello che succede nei paesi e nei luoghi che la stampa mainstream italiana prende in considerazione soprattutto quando c’è da mettere in guardia sull’ennesima presunta invasione di migranti o profughi. Non è semplice avere un'idea chiara di quello che succede intorno a noi: soprattutto di questa parte del mondo — che guardiamo da lontano, superficialmente e con l’occhio della narrazione occidentale. Matassa intende raccontarla con più chiarezza, con la consapevolezza che le classi ricche dell’Occidente non sono il centro dell’universo. Leila Belhadj Mohamed è laureata in relazioni internazionali ed è un’ attivista transfemminista esperta di geopolitica e diritti umani. Ha lavorato per anni nella comunicazione per il sociale e scrive di geopolitica del Medio Oriente e del continente africano. The Submarine è una testata online che fa base a Milano, che si occupa di giustizia sociale, lotta alle disuguaglianze e cultura pop.
9/27/20210