Noi e la Cina.
È un misto di ammirazione, timore, stupore quello con il quale ormai da qualche decennio in Occidente si guarda al gigante cinese, a quel miliardo e mezzo di uomini e donne condotti dai loro timonieri di turno a sparigliare completamente i termini del tradizionale confronto tra capitalismo e socialismo reale, prima impari e manicheo, a favore di un modello assolutamente inedito.
Un modello in cui è lo Stato centralista a far proprio il sistema capitalistico per applicarlo, grazie al potere assoluto del partito unico e dietro l’apparenza di una vuota quanto ferrea liturgia paramarxista, in tutto il suo potenziale di crescita e di disruption, senza dover venire a patti con la democrazia e i diritti, senza la necessità di armonizzarlo con alcuna forma di welfare, di mitigazione sociale dei suoi effetti.
Un modello “Frankenstein” che sembra averci scippati del sistema economico che identificava le nostre società per mostrarci come lo stesso può trasformarsi, senza le “pastoie” democratiche alle quali non rinunceremmo mai, in una macchina da guerra che, non da oggi, mira a soggiogare e colonizzare proprio quella porzione di mondo, la nostra, che pure ha visto nascere il capitalismo.
Sarà davvero questo, come tanti preconizzano, “il secolo cinese”, cioè quello dell’affermarsi della definitiva supremazia dei nipotini di Mao?
Ad “Economia per tutti “, come per tutti coloro che cercano di decifrare i fatti economici, la Cina è pane quotidiano. Questa settimana, però, abbiamo deciso di dedicare un’intera conversazione inclinata tra Milano e Manchester al gigante asiatico. Ne è valsa la pena, crediamo.
Complici, infatti, look e colonna sonora adottati per l’occasione, ne è venuta fuori una chiacchierata intrigante nella quale abbiamo unito i puntini rappresentati da alcune notizie recenti e abbiamo messo in ordine, alla Sherlock Holmes, una serie di indizi.
Cos’è Evergrande? Come è diventata Evergrande e cosa c’è dietro il rischio di un suo default? Qual è il filo rosso che unisce il peculiare mercato immobiliare cinese, popolato anche di città fantasma, le regole di bilancio degli enti locali cinesi e la politica centralistica del figlio unico? Cosa si nasconde dietro lo strano timing del governo cinese che introduce regole draconiane, proprio mentre l’economia sta uscendo dalla crisi pandemica, su un settore, appunto quello immobiliare, che vale da solo almeno il 28% del pil nazionale? Cosa lega, al di là motivazioni moralistiche e pedagogiche, queste regole con l’introduzione di quelle relative alla limitazione dell’uso quotidiano di videogames? Cos’è la common prosperity? Una politica economica realisticamente perseguibile attraverso un’economia rigidamente centralizzata o un’ammissione di fallimento per un sistema che non dovrebbe neppure contemplare diseguaglianze?
Dalle risposte che abbiamo abbozzato a questi e altri interrogativi deriva l’ipotesi che vi sottoponiamo nel podcast: forse qualcosa scricchiola nella macchina da guerra cinese, forse qualcosa che va oltre la brusca frenata del pil a tutti nota. Se, parafrasando Churchill, avete spesso l’impressione che anche la Cina sia
“un rebus avvolto in un mistero che sta dentro ad un enigma”
e volete imbarcarvi sulla navicella aliena per questo viaggio intorno al pianeta Cina, vi aspettiamo!
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